lunedì 27 aprile 2009

Un carillon bianco con fragole rosse...

Oggi non è giornata di scrittura, ma quando sono entrata in ufficio ho trovato la mail di mia cugina Carla.
Carla è una delle poche, forse la sola, cugina che legge il mio blog. Non ci vediamo da anni, però ultimamente l’ho scoperta più vicino a me. Sarà la maternità: Carla ha tre figli, tutti maschi; sarà che crescendo si apprezza l’importanza di alcuni affetti di cui non ci curiamo quando sono quotidiani; sarà la potenza di Internet.

Ogni volta che vado a trovare i miei e gli porto i tuoi saluti: “Mi ha scritto la Carla, sta bene e vi saluta tutti…” mio padre parte con il suo solito incipit: “Ah Carletu! L’è nasùda che me andavi a suldà. L’ho vista cress, l’era spess in Canterana, l’era la prima e l’era sempar cumpiacenta cun tutt” che tradotto: “Sì Carletu! E’ nata quando io partivo per il servizio di leva. L’ho vista crescere, era spesso in Canterana (la casa in cui è cresciuto mio padre), era la prima nipotina ed era sempre sorridente con tutti”.
La tua telefonata di Natale l’ha riempito di gioia, non lasciava più il telefono e aveva anche qualche lacrima agli occhi, per il fumo ha detto lui, e a fine telefonata ha raccontato a tutti i presenti: “Lè la tusa del me por Giuan, l’è semper stada cumpiacenta, la abita giò là adess, insema ai maruchet.” in altro idioma:“E’ la figlia di mio fratello Giovanni, che non c’è più, è sempre stata molto cordiale, adesso abita laggiù in Siria”.
E poi si ferma perché il papà è un po' allergico alla lontananza, avrebbe voluto tutta la sua famiglia vicino; per aiutarmi a lasciare Milano di tanto in tanto mi propone qualche affare immobiliare in zona e tornando a te, spera sempre di vederti tornare: “Ma la ga che la cà, la po' turnà quand la vor” che tradotto: “Ha qui la casa può tornare quando vuole!”

Cara Carla ricordi quando il pomeriggio passavi a trovare la mamma e ti fermavi a bere il caffè? Eri sempre sorridente e allegra e la mamma era contenta quando ti vedeva arrivare. Mi ricordo di un giorno d’estate, in un bicchiere era caduta casualmente una zanzara e si era conservata praticamente intatta e tu, arrivata in quel mentre, eri felicissima perché ti serviva un insetto per una ricerca di scienze.
Ricordo che un pomeriggio, qualche giorno dopo la mia prima comunione, eri venuta a portarmi un porta gioie/carillon di legno bianco con sopra disegnate tante fragole rosse. Quando lo apro si alza una ballerina dal tutù rosa che danza sulle note di “Per Elisa”. Esiste ancora sai? Recentemente ho dovuto sottrarlo dalle grinfie di Marco che l’ha adocchiato e che avrebbe cercato di sezionarlo.
Mi ricordo di Nisar che veniva sempre a trovarci al Capannone con il nonno che cercava di insegnargli il dialetto e lo chiamava "Nisaren". Mi ricordo quando è nato Omar: avevo accompagnato mia mamma al Sant'Anna ma ero rimasta ad aspettare sulla mia Centoventisette Special perchè non c'era parcheggio. La mamma scendendo mi disse che stavi bene, che era stato un parto difficile, l'ultimo -si pensa sempre in quei momenti- e invece pochi anni dopo è nato Karim.
E poi sono arrivati i miei figli: la prima volta che ho portato Marco a casa dei nonni, ti ho trovata in giardino ad aspettarmi con tutti i tuoi bimbi che non volevano saperne di salire in macchina.

Sono contenta di questa nostra vicinanza via Web. Io e Antonio ne parliamo spesso, non subito forse ma una vacanza dalle tue parti ci scappa quanto prima.

2 commenti:

  1. Intanto, tutta la mia comprensione per i TRE maschi a Carla. :-D
    Il dialetto del tuo papà l'ho capito tutto senza traduzione. Di dove siete originari?
    E per finire, la magia del Web è proprio questa, a mio parere...

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  2. @Silvia: errori di scrittura a parte, perchè il dialetto scritto lo conosco poco... sono nata a Erba. Quindi un misto tra dialetto comasco e milanese.

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