martedì 26 aprile 2022

Ricordando A.

Le scuole del comune di Milano offrono una opportunità ai genitori che lavorano: frequentare i giochi serali. Un servizio gestito da cooperative del comune in cui lasciare i figli dalle 16:30 alle 18:00. Marco e Luca hanno usufruito a lungo di questo servizio.

Di quegli anni ricordo che ero quasi sempre l’ultima: varcavo di corsa la soglia della scuola e spesso il mio ritardo era tale che trovavo i bambini già vestiti (con giacca e cartella in spalla). Di quelle uscite serali ho impressi nella memoria pochi volti, quelli dei ritardatari come me: il viso della mamma di M. e il viso del papà di A.

M. era una bambina spigliata, estroversa, esuberante e simpatica; dimostrava più anni dei pochi che aveva ed era impossibile non notarla. All’uscita mi coinvolgeva nei racconti della giornata, mi raccontava cosa avevano fatto Marco e Luca: ho parlato spesso con lei e sua madre, più con lei che con la madre perché era un vero vulcano e poco spazio lasciava alla riservatezza della madre. M. si è trasferita anni fa in un altro quartiere con la sua famiglia. Un giorno l’ho incontrata in metropolitana ed è stato piacevole tornare a chiacchierare con quella ragazzina ormai cresciuta.

A. lo ricordo come un bambino dagli occhi grandi e scuri, tranquillo e silenzioso. Usciva da scuola sempre con suo padre, uomo taciturno con il quale scambiavo il classico buonasera di chi è di corsa o che semplicemente è contento di riabbracciare suo figlio e non di fare conversazione con altri genitori sconosciuti. E forse lo ricordo proprio per questo, per la sua presenza discreta, per quel suo essere così diverso da me che parlo anche da sola. A volte incontravo A. anche alla fine degli allenamenti al campo dell’oratorio, sempre con suo padre e ogni incontro era scandito da una sola parola: buongiorno/ buonasera. Di lui conoscevo solo il nome e non lo vedevo da anni.

Venerdì pomeriggio un messaggio e una foto… certo che lo conosco è A., frequentava i giochi serali. No in effetti non lo conosco, so solo che si chiama A.. Sono trascorsi diversi anni dall'ultima volta che l'ho visto, non sapevo nemmeno avesse frequentato la stessa scuola media di Marco e Luca.

A. aveva 15 anni. L’età dei sogni, delle speranze, del futuro tutto da progettare e da costruire. L’età in cui a volte mi rifugio con nostalgia e di cui conservo tanti bellissimi ricordi ma che ad essere sincera non sono certa di voler rivivere. E’ una età difficile in cui sono passata dall’essere bambina a non ancora adulta; in cui ho provato sensazioni nuove, spesso difficili da vivere e da gestire; un’età in cui lo studio occupava la maggior parte delle mie giornate e speravo che quegli anni volassero per avere più libertà, più possibilità, più vita.

A. aveva 15 anni, un anno in più di Luca e un anno in meno di Marco.  Un’età che rivivo da genitore con i miei figli e mi spaventa più di quando l’ho vissuta io. Un’età in cui un ragazzo si sente uomo ma che di quell’uomo che sarà un giorno sta ancora costruendo le basi. Un’età complessa in cui un ragazzo si stacca progressivamente da mamma e papà e inizia a scegliere, a scontrarsi con il mondo ad affrontarlo da solo. Un 'età in cui i contrasti con se stessi si sommano a quelli con i genitori che frenano le libertà per paura: paura del mondo che ci circonda, paura dei pericoli che si possono incontrare sul cammino, paura di "perderTi".

E quel padre, il figlio lo ha perso davvero. Ho rivisto il padre di A. al funerale del suo unico figlio. Un padre composto come tanti anni fa che si avvicina ad un amico del figlio morto e gli chiede con umiltà di farsi sentire ancora. Ho visto un uomo o il suo fantasma perché il suo volto non era quello di un uomo, non aveva nulla di umano il dolore dei suoi occhi assenti a se stesso.  Per la prima volta in vita mia non gli ho detto buongiorno, lo ho abbracciato e gli ho detto “coraggio”. Avevo il cuore in gola e le lacrime agli occhi perchè quello che è successo ad A. è troppo pesante da accettare e poi coraggio per cosa, per chi? 

A. non c’è più.



mercoledì 6 aprile 2022

48

La giornata di oggi è stata  un susseguirsi di piacevoli messaggi su whatsapp, facebook, instagram, telegram, messanger, per non parlare delle chiamate su teams e sul buon vecchio cellulare.

I ricordi sono riaffiorati dal passato e si sono fatti presente perché in fondo il bello di invecchiare sono proprio i ricordi che mi porto nel cuore e arricchiscono le mie giornate.

Più passa il tempo, più apprezzo tutto quello che la vita mi ha donato e mi dona ogni giorno e mi rendo conto che sono molto fortunata e di non avere nulla da chiedere di più di quanto ho ma solo tanti grazie da dire.

I figli che prima di andare a scuola mi hanno fatto gli auguri ancora un po’ assonnati. Mio marito uscito con una scusa banale questa mattina e rientrato con un magnifico mazzo di rose rosse : “Grazie amore mio!”

La telefonata di mamma puntuale come ogni anno alle 12:35. Mamma ogni anno mi dice di avere aspettato perché sono nata all’ora di pranzo e poi mi passa papà al telefono con il solito “Gianfranco ven scià a fa gli auguri a la Renata” e come al solito papà aggiunge “Allora Rena ci vediamo sabato per la turta, però la paghi me”. Perché l’alternanza italiano – dialetto sono inevitabili a casa mia e rendono i nostri discorsi più intimi, più nostri. Io non so per quanti anni ancora si ripeterà questo rito, spero molti perché è bello potersi sentire ancora figlia e sapere di avere una bellissima famiglia ancora con me.

La solita telefonata di zia Lu e quella insolita di zio Giò che mi ha pure cazziato per non avergli ricordato ieri che compivo gli anni. Ma io il pranzo di ieri con mamma, papà, zia Lu e zio Giò l’ho apprezzato tanto perché è stato bello ritrovarsi a tavola solo noi cinque come quando eravamo bambini e non c’era altro da aggiungere per renderlo migliore di come è stato.

 Le chiacchierate con Manuela, Giulia, Donatella, Andrea, Maurizio, Domenico… che mi hanno fatto sentire più amata del solito oggi. Siete speciali!

 La videochiamata con i miei suoceri  e gli auguri  di cognati e cognate, dei nipoti grandi e piccoli, dei cugini  che sono tanti perché la famiglia è parecchio numerosa e di tanto in tanto si allarga ancora. I tanti auguri dei colleghi, degli amici.

E poi la torta con i nostri vicini di casa, un po’ bruciacchiata perché stamane ero troppo impegnata a chiacchierare e non ho spento il forno! Abbiamo sempre avuto fortuna con i vicini e anche nella nuova casa, che poi non è più tanto nuova, abbiamo trovato persone speciali, discrete e presenti, amiche sincere. E io adoro i tulipani: grazie!

Non ho lavorato molto lo ammetto, ma domani è un altro giorno e oggi ho trascorso una bella giornata, di quelle che restano nel cuore e diventano ricordi.

Grazie a tutti per esserci.