Tutto ebbe inizio un pomeriggio di sabato del 1966 sulla
strada che da Erba conduce a Molteno. Maria Grazia aveva 22 anni e stava camminando
con due amiche verso il campo del pallone di Luzzana. Gianfranco di anni ne
aveva 25 e girava in auto anch’egli con due amici in cerca di…
Pare che Gianfranco ebbe una vera e propria folgorazione e
disse: “Scegliete quella che volete ma questa l’è mia” e Maria Grazia
abbandonata la prudenza di ogni casta giovincella e forte del gruppo delle
amiche pensò che un giro in auto si potesse anche fare. Sappiamo che un’amica
di Maria Grazia stette male e non arrivarono nemmeno in gelateria, sappiamo che
Gianfranco rimproverò Maria Grazia per non avere subito soccorso l’amica,
sappiamo anche che Maria Grazia dimenticò l’ombrello in auto.
La prima uscita non fu un successo, ma qualcosa era sbocciato
tra i due. Gianfranco con la scusa di riconsegnare l’ombrello si ripresentava
puntuale ogni sabato, per poi fingere di averlo scordato. Maria Grazia, colpita
dalla preoccupazione dimostrata per l’amica durante il primo incontro, faticava
a conciliare una presunta serietà del ragazzo con il suo modo di vestire
decisamente spavaldo e discutibile: quel giovane non indossava mai nulla di elegante,
sempre magliette gialle con disegnate tre donne improponibili! Inoltre, aveva
un naso importante o a detta di Maria Grazia: “L’è mia brut ma el ga un
nas…”. Magliette e naso a parte la storia andò avanti per sette anni con un
tentativo di matrimonio mancato perché il sabato designato per l’evento, Gianfranco
doveva lavorare. E poi arrivò maggio: il 5 maggio 1973.
La cerimonia era fissata per le 15:30 nella parrocchia di San
Giorgio in Molteno. Finalmente eccoli lì
sull’altare giovani e bellissimi a pronunciare il loro “Si”.
Giusto per fare un po’ di gossip quella mattina Gianfranco non era stato in
casa a prepararsi. Dove pensate che fosse un brianzolo a poche ore dal
matrimonio? Era al capanon, in bottega, perché c’era un lavoro urgente da
consegnare! E tra la fretta e l’agitazione si era tagliato e presentato
all’altare con un bel cerotto al dito.
“Ci sosterremo e sopporteremo a vicenda finché morte non ci
separi nella buona e nella cattiva sorte.” In quel momento si recita una litania tante volte
sentita ma il bello viene dopo quando da quella chiesa si esce e la litania
diventa realtà. Ma andiamo con ordine.
Un anno dopo arrivò la prima bimba, con le mani lunghe, la
testa a pera per il lungo travaglio e un naso… beh “marca R”. Dice la
leggenda che se fosse nata maschio sarebbe stata Tarcisio, ma la storia è altra,
il destino la volle femmina e così le venne dato nome Renata. Primo figlio:
gioie e dolori, tanti, forse troppi ma passa e quattro anni dopo arrivò una
sorellina. Nomi maschili non vennero presi in considerazione, la forma della
pancia parlava chiaro e tra Rodolfa e Paola vinse Maria Luisa. Fortunatamente
la bambina si presentò senza testa a pera e con un naso meno appariscente.
Tutto sembrava andare per il meglio: la casa era pronta, il
capannone avviato; ma un maledetto viaggio di lavoro a Maratea portò scompiglio
e così Gianfranco, ormai papà, e il fratello Felice si ritrovarono in un letto
di ospedale della Calabria abbandonati a loro stessi e lì sarebbero rimasti se zio
Giovanni, zia Angela e zio Luciano non fossero partiti da Erba in ambulanza per
andare a riprendere i loro fratelli. Trascorsero due anni di difficoltà di ogni
tipo. Quando papà iniziò a stare meglio e si resse in piedi sulle stampelle,
pensò di ringraziare la madonna che gli era apparsa in sogno durante la degenza
in ospedale e decise per un altro figlio. Fosse la madonna o una forte dose di tranquillanti,
lasciamo alla vostra sensibilità e al vostro credo, ma il figlio arrivò e prese
il nome del fratello che lo aveva sottratto da morte certa: Giovanni.
Andando avanti di questo passo, vi distraete per cui acceleriamo
un po’.
La famiglia era al completo: il tentativo di adottare due
bambini sopravvissuti alla catastrofe nucleare di Cernobil non andò a buon fine
e così rimasero in cinque.
Gli anni passarono con ritmi e velocità diversi a seconda dei
momenti: i pranzi di Natale con zia Tita e zio Pier e le gite a Santa Caterina;
le sere di Capodanno con Zio Andrea e Zia Enrica; le vacanze estive in quel di
Esino Lario alternandoci a zia Bambina e zio Felice e poi i classici dieci
giorni di agosto a San Remo o Bussana. Per inciso fuori dalla casa vacanze c’è
ancora il posto auto di papà, proprio lì difronte al portone di ingresso!
Perché il motto della vacanza era: “Al mar sem arrivà, mo la machina la se
tuca no fino a la partenza”.
E poi ancora tanti scorci di vita quotidiana che di tanto in
tanto tornano alla mente: “I pacchi che arrivavano dal convento di zia Renata; zia
Rina anche lei suora perché in famiglia la santità non manca; la pasta al forno e la torta paesana di zia
Doso e zio Cesare, per non parlare della torta Dosolina la cui ricetta abbiamo
tutti ma nessuno sa se davvero l’abbia inventata zia Doso; i regali di Natale
di Zio Erminio e zia Ausilia per i bambini; zia Angela e zio Luciano con i
quali trascorrere le sere estive in quel del capannone e le gite a Tovo; zia
Regi e zio Giovanni e il loro galletto grigliato al Pian dei Resinelli; la
mitica zia Giulia che ha fatto da seconda mamma a tanti nipoti; e ancora…zio
Giulio che ci ha salutato troppo presto."
Cinquant’anni di vita di coppia prima allargata e poi
ristretta perché è il giro della vita: i figli crescono, scelgono la loro
strada, a volte non li capiamo ma li accettiamo perché fa parte dell’amore e
sempre grazie all’amore arrivano generi, nuore, suoceri e nipoti.
Renata è andata a vivere a Milano con Antonio e oggi con loro
ci sono Marco e Luca. Maria Luisa si è fermata a Monguzzo con Paolo e con loro
c’è Miriam. Giovanni ha incontrato Jessica, hanno scelto casa a Longone e con
loro Tommaso e Federico.
Cinquant’anni di sostegno e sopportazione reciproca, di
affetto, rispetto e tanta pazienza perché la vita insieme è volontà costante,
fatica e impegno; è una scelta e una conquista quotidiana.
E così oggi siamo tutti qui per festeggiare questi
cinquant’anni. Molti di voi c’erano quel giorno e molti purtroppo ci hanno
salutato per sempre; la vita ha un tempo limitato e non ci possiamo fare nulla.
Ma quel tempo è un regalo prezioso e tutte le persone che ci accompagnano negli
anni ci regalano una parte di loro. Sarebbe bello essere qui tutti insieme,
rivedere genitori, fratelli e sorelle ma forse con noi ci sono perché li portiamo
nel cuore, sempre.
Tanti auguri mamma e papà. Vi vogliamo bene.
Renata, Maria Luisa e Giovanni