lunedì 15 dicembre 2008

La neve

L’altra mattina siamo usciti molto presto Marco ed io.
Alla fermata del tram c’eravamo solo noi, intorno una Milano imbiancata e silenziosa. Una Milano irreale, da cartolina, quasi magica. Il lampione davanti a noi illuminava i copiosi fiocchi di neve che scendevano quasi danzando in una atmosfera rara, natalizia.

Ero in prima media e avevo una professoressa di italiano severa che aveva la capacità di rapire un pubblico indisciplinato di studenti e di far sedimentare i suoi insegnamenti in un qualche cassetto della mente. La rivedo mentre zoppicava fingendo di appoggiarsi al bastone imitando i verbi transitivi che hanno bisogno del complemento oggetto (il bastone) per reggersi e mentre tornava saltellante su due gambe quando passava ai verbi intransitivi. Una volta mentre viveva la rappresentazione di un complemento è inciampata urtando un banco e trasformando un complemento di moto a luogo in uno stato in luogo "figurato".
La professoressa P., perché non potevi chiamarla prof., mi ha fatto amare l’analisi grammaticale e l’analisi logica e ancora oggi quando incontro sulla metro ragazzi in crisi sui vari "complementi" non riesco a trattenermi e intervengo.
Cosa centra la professoressa P. con la neve?
La professoressa P. era una insegnante come poche, una donna carismatica e forte, una donna sicura di sé, progressista e femminista. Aveva tre figli che adorava ma prima di tutto aveva un lavoro che amava e da difendere con i denti perché una donna deve anche lavorare, deve essere rispettata nella società e senza un lavoro non c’è rispetto, c’è abnegazione e sottomissione al marito. Questo suo pensiero che non condivido pienamente, la portava ad alienare da lei ogni sogno, ogni fantasia.
La mattina di Natale di quell’anno ci siamo alzati con la neve, caduta abbondante e improvvisa durante la notte. L’unico modo per muoversi era camminare, così con la mia famiglia siamo andati a messa e poi dai nonni sempre camminando sulla neve. Io ero felicissima e guardavo estasiata un paesaggio immacolato e luminoso, guardavo con gli occhi di una bambina romantica e sognatrice quello spettacolo della natura. E avevo pensato di descrivere nel tema delle vacanze proprio quella mattinata e i sentimenti che aveva suscitato in me.
La professoressa P. ha pensato di leggere il mio tema in classe, a voce alta, e di dirmi di non scrivere più simili stupidaggini, di essere concreta e meno sognatrice e che lei altri temi così non li voleva più vedere. Io a scuola ero brava e non abituata ai rimproveri, ma ero anche piuttosto timida e mi sentivo umiliata.
Mi sono sentita piccola piccola e per lei ho dovuto scrivere senza sentimento, ma non ero io e quegli otto non mi appartenevano.

L'altra mattina sotto la neve ho vissuto con mio figlio dentro un quadro raro e insieme abbiamo assaporato la magia di quei momenti. La professoressa P. con quel rimprovero aveva solo sospeso una parte di me, non era riuscita a cambiarla.

Due ore dopo era tutto finito: neve sporca, marciapiedi impraticabili, traffico caotico e rallentato. La città si era svegliata.

4 commenti:

  1. che bel racconto...
    ti abbraccio,Rox

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  2. l'ho già detto, ma leggerti al mattino mi mette buonumore!
    gio

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  3. Hai sempre un pensiero gentile!
    Grazie

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  4. Questo racconto è stato bellissimo l'enfasi della bimba e il dolce cadere della neve.

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