Oggi primo maggio: festa dei lavoratori.
Sotto l’etichetta “mamma che lavora” ci sono tanti articoletti e rileggendoli sembra proprio che io associ quella sorta di mobbing che sto vivendo all’essere diventata mamma. In realtà tra i due aspetti non c'è un rapporto di causa ed effetto.
Durante i mesi di assenza dal lavoro dopo la nascita di Marco non ho mai perso i contatti con l’ufficio. Laura, una cara amica di cui ero anche la responsabile, invece di pensare a “farmi le scarpe” mi ha tenuta informata sulle diverse attività: acquisizioni societarie, fusioni, migrazioni da un sistema informatico ad un altro. Quando avevo tempo leggevo le mail e così al rientro avevo ben poco da recuperare anche se mancavo da quasi un anno.
In poco tempo ho imparato anche a convivere con i sensi di colpa che mi assalivano se pensavo a mio figlio che stava al nido dalle 8:00 alle 18:30. Se andavo in trasferta o mi fermavo fino a tardi per qualche riunione, soffrivo un po’ di più ma fortunatamente in quel periodo Antonio riusciva a essere presente quando mancavo io. Per dimostrare a me stessa e agli altri che nulla era cambiato, aspettavo che Marco si addormentasse e poi accendevo il pc e mi immergevo.
Poi il mio capo è tornato a Roma ed è arrivata la proposta: "Ti trasferiresti? Se no, accetteresti di fare almeno tre giorni a Roma ogni settimana?".
Ero rientrata da tre mesi, si prospettava una ottima crescita professionale, di quelle che ti capitano una volta e poi chissà.
"Decidere e trasferirci in meno di un mese?" Telefonai a tutti i nidi vicino all’azienda e ne trovai uno che aveva ancora un posto libero, mio marito invece chiese alla società di consulenza con la quale stava lavorando se aveva clienti nella capitale. Da sola non mi sarei trasferita e non potevo lasciare Marco tre giorni su cinque anche se confesso di averci pensato per qualche ora e quasi mi sento in colpa per averlo ipotizzato.
Mentre mi tormentavo ho scoperto di essere in attesa.
Se con il primo figlio avevo lavorato fino all'ultimo, con il secondo ho avuto problemi da subito.
Ho cambiato capo e in parte lavoro, ho abbandonato anche le minime trasferte per poi restare a casa in maternità anticipata. E' arrivato Luca.
Il resto lo sapete e comunque sta tutto sotto la citata etichetta.
Ammetto però che non ce la farei oggi a reggere i ritmi di allora: dovrei sacrificare i miei figli, mio marito e non ne vale la pena, non per me, non più.
Sotto l’etichetta “mamma che lavora” ci sono tanti articoletti e rileggendoli sembra proprio che io associ quella sorta di mobbing che sto vivendo all’essere diventata mamma. In realtà tra i due aspetti non c'è un rapporto di causa ed effetto.
Durante i mesi di assenza dal lavoro dopo la nascita di Marco non ho mai perso i contatti con l’ufficio. Laura, una cara amica di cui ero anche la responsabile, invece di pensare a “farmi le scarpe” mi ha tenuta informata sulle diverse attività: acquisizioni societarie, fusioni, migrazioni da un sistema informatico ad un altro. Quando avevo tempo leggevo le mail e così al rientro avevo ben poco da recuperare anche se mancavo da quasi un anno.
In poco tempo ho imparato anche a convivere con i sensi di colpa che mi assalivano se pensavo a mio figlio che stava al nido dalle 8:00 alle 18:30. Se andavo in trasferta o mi fermavo fino a tardi per qualche riunione, soffrivo un po’ di più ma fortunatamente in quel periodo Antonio riusciva a essere presente quando mancavo io. Per dimostrare a me stessa e agli altri che nulla era cambiato, aspettavo che Marco si addormentasse e poi accendevo il pc e mi immergevo.
Poi il mio capo è tornato a Roma ed è arrivata la proposta: "Ti trasferiresti? Se no, accetteresti di fare almeno tre giorni a Roma ogni settimana?".
Ero rientrata da tre mesi, si prospettava una ottima crescita professionale, di quelle che ti capitano una volta e poi chissà.
"Decidere e trasferirci in meno di un mese?" Telefonai a tutti i nidi vicino all’azienda e ne trovai uno che aveva ancora un posto libero, mio marito invece chiese alla società di consulenza con la quale stava lavorando se aveva clienti nella capitale. Da sola non mi sarei trasferita e non potevo lasciare Marco tre giorni su cinque anche se confesso di averci pensato per qualche ora e quasi mi sento in colpa per averlo ipotizzato.
Mentre mi tormentavo ho scoperto di essere in attesa.
Se con il primo figlio avevo lavorato fino all'ultimo, con il secondo ho avuto problemi da subito.
Ho cambiato capo e in parte lavoro, ho abbandonato anche le minime trasferte per poi restare a casa in maternità anticipata. E' arrivato Luca.
Il resto lo sapete e comunque sta tutto sotto la citata etichetta.
Ammetto però che non ce la farei oggi a reggere i ritmi di allora: dovrei sacrificare i miei figli, mio marito e non ne vale la pena, non per me, non più.
E penso che faresti la scelta migliore....ti abbraccio,Rox
RispondiElimina@Rox: in realtà io non ho scelto nulla, è successo un po' per caso e ammetto che in alcuni momenti mi fa molta rabbia l'abisso che c'è tra i ritmi di prima e quelli di oggi: o troppo o nulla. Ma vedremo che succederà.
RispondiEliminaUn abbraccio anche a te.
La tua scelta, perchè il fatto di assecondare la vita di mamma è una scelta, sarà sempre vincente, magari non subito, magari non in termini economici e di soddisfazione lavorativa ma per te stessa. La famiglia è la cosa più bella del mondo
RispondiElimina@Grazie Patrizia.
RispondiEliminaciao Renata, ho dato una scorsa tutta d'un fiato ai post "mamma che lavora" e quanto mi ci sono ritrovata (tranne pensare ad un terzo figlio, purtroppo). Se non ti dispiace ritornero' a leggerli e magari a commentare, o magari anch'io un giorno inizio a fare dei post sul mio lavoro; intanto grazie per i tuoi racconti.
RispondiEliminapensa che a lavoro ci devi stare almeno altri 25/30 anni... mica a quell'età luca e marco ti vogliono tra i piedi!!!!!
RispondiEliminagoditeli ora che sono piccoli....
io faccio due rientri a settimana e mi sento già in colpa così a lasciarlo tutto il giorno solo... solo per modo di dire visto che sta con mia madre e non mancano mai le ziette a coccolarlo....
meglio che ce li godiamo ora che crescono troppo troppo velocemnete
ciao cara, un abbraccio
mammina74
@Laura.ddd: c'è una grande parte di me in quei post. Non mi dispiace anzi e commenta quando vuoi a me fa sempre molto piacere rispondere. A me è servito molto parlare e scrivere anche se ti confesso che non sono ancora del tutto tranquilla e rassegnata. ;-)
RispondiElimina@Mammina 74: hai ragione, alla fine loro sono la cosa più importante ora e non mi parlare di crescita... mi sembra di averli partoriti ieri ma Marco mi risponde già a tono, Luca non ancora ma è già un ometto!
tranquilla transitoriamente si', rassegnata mai!
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