martedì 9 marzo 2010

Benvenuti a Cuba! _6 Marzo 2010

Dopo undici ore di volo inziavo ad essere stanca per le tante fiabe raccontate e i disegni colorati; stanca di fare da “Sceriffo” e di imprigionare “Saetta” e “Luigi” dopo ogni terza Piston Cup consecutiva disputata lungo i corridoi dell'aereo; stanca delle minacce caricate a salve nel tentativo riuscito di non infastidire troppo i vicini bergamaschi che alla loro terza bottiglia di rosso e seconda di prosecco non celavano più il motivo della loro vacanza ma a quel punto cubana o hostess era la stessa cosa; stanca di contenere l'entusiasmo dei miei piccoli mentre si sbilanciavano sui sedili di fronte a noi per salutare una taciturna coppia dal viso inespressivo, ingessata nei comportamenti e arrugginata dalla diffidenza che ancora mi domando se non abbia sbagliato meta per le vacanze; stanca e infreddolita per quel bicchiere colmo di acqua ghiacciata finito accidentalmente sui miei pantaloni alla sesta ora di volo e accolto con un entusiastico “Mamma pisciona”.
Dopo undici ore di volo Antonio condivideva parte della mia stanchezza ma non aveva carpito i segreti dei vicini bergamaschi che comunicavano tra loro in dialetto stretto e soprattutto non aveva il sedere completamente a mollo da ore.
Dopo unidici ore di compressa ilarità Marco e Luca erano due bombe pronte ad esplodere ed è bastato il contatto con l'aria calda fuori dal velivolo per innescare la miccia.
Ad Holguin, il tratto dalla pista alla struttura aereoportuale è percorribile con una breve passeggiata: si raggiunge un ampio salone rettangolare e da lì ai metal detector, passando attraverso una delle piccole “guardiole” in cui un funzionario controlla passaporti e visti d'ingresso. Nel salone sono iniziati i tuffi nell'immaginario mare cubano e raggiunta la piccola insenatura della guardiola Marco si è accorto dello specchio sopra la sua testa: ha coinvolto il fratello in una serie di smorfie, di irripetibili suoni gutturali e grasse risate. Poi ha mostrato con orgoglio a “ ehi signore” il cimelio che portava dall'Italia: uno stemma della polizia di Stato- Squadra Antiterrorismo- ricevuto in regalo da un simpatico agente conosciuto durante l'attesa al check-in di Milano. L'impiegato per dieci minuti ha osservato i bambini con finto sguardo severo, li ha rimproverati con un mal riuscito tono austero, poi, dimentico del suo ruolo, li ha salutati con un sorriso aperto e un “ Bienvenido a Cuba ninos!”
Per la cronaca rosa: non sono partita per Cuba da sola, ma Antonio non poteva aiutarmi, la frontiera si passa uno alla volta a meno di minore al seguito...accidenti a me e a quando ho indicato il mio passaporto sul visto di entrambi i bambini!

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